Il legno è, tra le materia della scultura quella che per genesi e per architettura più strutturalmente risponde alla pulsazione vitale delle immagini, e con più stratificata armonia ne rappresenta l'intima organicità.  
 
Ma per Vincenzo Chiazza il legno si investe anche di colore aggiunto, od evoca la pietra levigata dalle acque o il marmo lavorato con estrema politezza, mentre viene a sua volta simulato dal gesso quando questo assume un colore equivalente alla patinatura.
Come dire che i materiali scelti di volta in volta rimandano ad altri e simulati effetti, colori, evocazioni tattili, che segnano, con il tramutarsi della loro specificità naturale nella polivalenza dei significati, l'emergere delle funzioni e delle finzioni linguistiche. Cosi dalle viscere della materia germinano le figure umane e le forme pure: le sue metamorfosi innescano incontaminate metafore in una inscindibile unificazione del reale e dell'immaginario.
 
Tra un sensuoso naturalismo e una cosmica morfologia a finora spaziato il senso di questo icastico modo di operare.
 
Nella immediatezza dei ritratti l'intuizione psicologica e l'istinto esecutivo non escludono accenti classici e riattivazioni di sentieri più antichi, mentre ad una continuità millenaria e mitica alludono anche i titoli di varie opere.
 
Ma in alcune esperienze degli ultimi anni la creatività di Chiazza ha varcato il muro della mimesi naturalistica per plasmare forme più autonome, in cui corrispondenza fra sembiante e struttura diviene più interna e interiore, fino all'inclusione di componenti etniche e inconsce.
 
Tra i suoi riferimenti c'è, implicitamente la lezione liberatrice del "viaggio agl'Inferi" picassiano, mediata però da scultori tra surrealtà e tradizioni come Henry Moore, o tra astrazione e naturalezza, come Hans Arp.
 
Ma dalle nuove sculture di Chiazza il "viaggio" è già rappresentato nella sua fase del rientro alla luce del sole: il senso panico dell'esistenza, la miticità mediterranea della madre-terra e la stilizzata fluidità orientale dello spazio si concretano efficacemente nella sua visione; e verificano l'esperienza contemporanea in una spontanea continuità di figure archetipali raffiorate dalla memoria antropologica.  
 
Perché in queste opere la vitalità si manifesta in forme cosmicamente risonanti, ma anche pervase da una franchezza di improvvisazione immediata e comunicativa.
 
Così il rapporto con la tradizione moderna si amplifica nella trasmissione "popolare" di trazioni molto più antiche

Lucio Cabutti

Vincenzo Chiazza