Nella produzione artistica di Vincenzo Chiazza si individuano con tutta evidenza due linee operative, o meglio due attitudini creative, all'apparenza contrastanti e dialetticamente contrapposte, sul piano stilistico e formale, ma in realtà coerenti ad una visione poetica sostanzialmente unitaria per quello che riguarda il rapporto fra linguaggio scultoreo e realtà, intesa nel senso più profondo del termine.
Da un lato, l'interesse per la scultura di figura e soprattutto per i ritratti, sviluppato in particolare nella prima fase della sua ricerca (interesse peraltro mai accantonato del tutto, e non solo per eventuali ragioni di committenza), e dall'altro lato la volontà appassionata di andare al di là dei fatti figurativi veristici e delle esigenze di somiglianza mimetica, per esprimere in una dimensione plastica più libera e dinamica l'energia vitale che muove i valori umani più universali.
Il passaggio dalla prima alla seconda fase è stato, per molti versi, un fatto di evoluzione naturale, nato da una sperimentazione continua delle possibilità espressive delle materie (la creta, il gesso, le fusioni in bronzo, e il legno) e dalla verifica delle potenzialità della mano sia nel lavoro del modellato sia in quelle dello scavo. In ogni caso il piacere dell'invenzione plastica non è finalizzato a risultati puramente formali: l'intenzione è quella di arrivare ad un livello più alto e, se vogliamo, più spirituale, di significati, non bloccati nei limiti di un corpo o di un viso con una identità specificamente individualizzata, e di conseguenza con caratteristiche più astratte.
Ma è bene precisare la direzione di questo astrattismo. Si tratta di una elaborazione delle forme umane, di una loro sublimazione in chiave di fluidità organica per linee e superfici curve, e attraverso un gioco di vuoti e di pieni, di luci e di ombre, che danno vita a volumi morbidi, tondeggianti, non privi di una delicata sensualità. Grande è anche l'attenzione per la qualità delle superfici, per le "pelle" della scultura, che a seconda dei materiali acquista caratteristiche specifiche: dalla luminosa nitidezza metallica dei bronzi patinati, alle lisce morbidità dei gessi bianchi o color mattone, fino ad arrivare all'enfatizzazione delle venature del legno, dove forse vengono raggiunti i risultati esteticamente più efficaci.
Si può dunque parlare di un raggiunto equilibrio, sempre comunque in tensione dinamica, fra corpo solido interno e i suoi confini esterni, quelli che dividono lo spazio inventato della scultura dell'ambiente in cui viene collocata.
A proposito del lavoro di Chiazza, critici come Marco Rosci e Paolo Fossati, hanno giustamente suggerito riferimenti storici a scultori come Jean Harp, Henry Moore e Alberto Viani ma ha sicuramente ragione l'artista a sottolineare l'autonomia della sua ricerca, perché diversa è non solo la sua sensibilità plastica, ma anche l'intenzione poetica, in lui caratterizzata da una vena sentimentale più accentuata, come del resto risulta da titoli quali "Maternità", "Abbraccio", "Gruppo di famiglia".
Le sue sculture sono in effetti degli "organismi" plastici carichi di sentite valenze umane
Francesco Poli