La vocazione artistica di Vincenzo Chiazza, pittore e scultore, trae origine dall'infanzia, trascorsa nella provincia di Agrigento, tra le zolfataro di Cianciana.
 
Elegante indagatore della forma plastica, realizza sculture in bronzo che sembrano colate di roccia lavica. Forme arrotondate e stilizzate di materia polita che ricordano i corpi imprigionati nelle ceneri delle vestigia pompeiane.
 
Sono volumi ottenuti per fusione, ma che sembrano emergere dalla nuda terra come corpi plasmati nell'argilla, un materiale povero che Vincenzo Chiazza, da ragazzino, trovava in gran quantità quando andava a giocare in campagna, vicino alle miniere di zolfo. Quasi per gioco inizia a modellare le prime statuette con la creta scartata dagli operai "ideale per modellare le mie piccole statue".
 
Più che nell' atto creativo la forza delle sue opere è da ricercare nell'artigianalità dell'esecuzione, nella creazione manuale che fin da bambino apprende osservando la lavorazione del legno nella falegnameria del paese, incuriosito e ammirato da "chi sapeva plasmare e trasformare, per chi era capace di estrarre forme nuove dalla materia".
 
La curiosità diventa impegno quando frequenta a Sciacca l'Istituto d'Arte e, giunto a Milano, conosce gli scultori Floriano Bodini e Francesco Messina. Negli anni '70 Chiazza si trasferisce a Torino, dove entra a far parte di importanti Associazioni artistiche e partecipa a numerose personali e collettive, con sculture in gesso, bronzo e legno che spaziano dal genere figurativo all'astratto. Tra i soggetti che predilige le maternità, i nudi di donna, gli abbracci e i personaggi mitologici,
come Afrodite e Demetra.
 
Dagli anni sessanta ad oggi molti sono stati i critici che hanno guardato con interesse al lavoro
di Vincenzo Chiazza, tra questi Guido Curto, Paolo Levi, Gian Giorgio Massara, Angelo Mistrangelo, Enzo Papa e Francesco Poli.

Sabatino Cersosimo

Vincenzo Chiazza